Shaquille O'Neal. La biografia definitiva di The Big Diesel by Davide Torelli

Shaquille O'Neal. La biografia definitiva di The Big Diesel by Davide Torelli

autore:Davide Torelli [Torelli, Davide]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2024-02-14T23:00:00+00:00


Pat Riley, il generalissimo

Capelli impomatati, stile impeccabile, faccia tirata e lo sguardo di chi sa sempre come deve andare la storia, ma anche prevedere gli imprevisti eventuali. Pat Riley lo vediamo così, ancora oggi, mentre continua a ricostruire improbabili versioni dei Miami Heat che – in un modo o nell’altro, o meglio, di undrafted in underdog – restano sempre variabile impazzita quando il gioco si fa duro. E con tutti gli sfavori del pronostico, magari li ritrovi a lottare in finale di Conference, piuttosto che alle Nba Finals. Perché quel gruppo sul quale è sempre troppo rischioso puntare, si muove all’unisono come fosse in missione: aggressivo, assetato, violento nell’estremizzazione della propria competitività. È la cosiddetta “Heat Culture”, di cui Pat è padre putativo oppure inventore. Dipende da come preferite definirlo.

Si tratta di una mentalità inserita nel lontano 1995, quando ne conquista la panchina, e perfezionata in teorie e applicazioni dopo esser passato dall’altra parte del vetro, gestendo il tutto dietro la scrivania più importante, salvo tornar a far comparsate nel ruolo di timoniere. Comparsate che, nel 2006, son valse un titolo Nba come head coach a lui, e il primo di sempre nella storia della franchigia. Proprio con Shaquille O’Neal in squadra, come tutti ben sapranno a questo punto della storia, tanto da non rappresentare – se non per convenzione – uno spoiler antipatico.

Pat ha vinto tutto, ricoprendo ogni posizione immaginabile attorno a una squadra di pallacanestro, e perdendo pure tanto. Cosa comune per chi domina mentalmente anni di professionismo sportivo, percorrendo (da giocatore, da allenatore e poi da dirigente) ben sei decenni di pallacanestro. E raggiungendo così un livello di influenza ai limiti del mistico, per quanto non esattamente amato da chi doveva eseguire i suoi ordini, propedeutici al risultato. Se la prospettiva di vincere dovrebbe allettare certi giocatori, il percorso che Riley sceglie per arrivarci è fatto di sudore, fatica e metodi poco ortodossi. Sa essere motivatore, ma anche generale inamovibile. Controlla maniacalmente gli eventi di campo ma anche le abitudini dei suoi uomini, o le scelte dei suoi coach quando si trova dietro a una scrivania. Insomma, se sei disposto a dare anima e corpo per stare in una sua squadra, il sistema Riley ti darà prima o poi un’opportunità. Ma se sei una superstar conclamata, che magari ha già vinto e quindi non ha molto da chiedere alla carriera se non confermare se stesso, il sacrificio che comporta quello stesso sistema non sempre è preferibile.

Ci sono allenamenti lunghissimi da sopportare, controllo del peso e mantenimento sotto una determinata percentuale di massa grassa personalizzata. C’è da mettere da parte l’ego in nome della squadra, e quindi della vittoria. Anche se apparentemente il coach da servire è Van Gundy, oppure l’attuale Spoelstra, il sistema Riley resta intatto, e coincide – guarda caso – con il sistema Heat. Servono reali motivazioni per farne parte, pena finir spediti altrove o veder la propria carriera decadere. Nel primo caso, e pure nel secondo (anche se la questione anagrafica aveva un certo peso), chiedere a Shaquille O’Neal.



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